Probiotici: Miracolo per l’intestino o solo una moda costosa? Scopri tutta la verità!

Negli ultimi anni i probiotici sono diventati una vera mania. Li trovi ovunque: integratori, yogurt, capsule, bevande miracolose... Ma funzionano davvero? Oppure stiamo solo spendendo soldi per qualcosa che… fa più marketing che salute?

Dott. G. Eros Buonarota - Biologo Nutrizionista | Certified Functional Medicine Pratictioner - Milano

6/24/20255 min read

Negli ultimi anni i probiotici sono diventati una vera mania. Li trovi ovunque: integratori, yogurt, capsule, bevande miracolose... Ma funzionano davvero? Oppure stiamo solo spendendo soldi per qualcosa che… fa più marketing che salute?

Cosa sono (davvero) i probiotici?

Secondo l’OMS e secondo la definizione FAO/WHO, i probiotici sono “microrganismi vivi che, se somministrati in quantità adeguate, conferiscono un beneficio alla salute dell’ospite” e sono tipicamente rappresentati da ceppi specifici di Lactobacillus, Bifidobacterium e simili, somministrati tramite integratori o alimenti fermentati (1,2). Ma attenzione: non tutti i probiotici sono uguali, e non sempre fanno miracoli.

Probiotici in pillole? Sì, ma non per tutti…

Gli effetti collaterali osservati con l’uso di integratori probiotici farmacologici (cioè contenenti ceppi vivi e specifici, assunti come supplementi) sono principalmente disturbi gastrointestinali come dolore addominale, flatulenza, distensione addominale e diarrea. Questi effetti sono generalmente lievi e autolimitanti, ma sono stati segnalati anche eventi avversi più rari come infezioni sistemiche (batteriemia, fungemia), soprattutto in soggetti immunocompromessi, anziani, neonati prematuri o pazienti critici. Inoltre, sono stati descritti casi di trasferimento di geni di resistenza antibiotica dai probiotici alla flora intestinale residente, con potenziali implicazioni cliniche (3,4,5,6).

Uno studio clinico ha messo alla prova un “super probiotico”. Risultato?

Un recente studio ha testato il probiotico Bifidobacterium lactis HN019 per combattere la stitichezza funzionale. Il risultato? Non ha funzionato meglio del placebo. Sì, hai letto bene. Il gruppo che ha preso il probiotico ha avuto risultati simili a chi ha preso solo maltodestrina (placebo). Lo studio ha incluso 229 partecipanti (di cui l'84,7% donne) di età compresa tra 18 e 70 anni, con un'età mediana di 45 anni. Tutti i partecipanti avevano stitichezza funzionale secondo i criteri di Roma III ed un indice di massa corporea (BMI) inferiore a 30,0. Al basale, cioè all'inizio del percorso, i partecipanti presentavano una stitichezza lieve, con una media di 0,77 CSBM a settimana. La fase di intervento per i partecipanti è durata un totale di 10 settimane; questa includeva 2 settimane di fase di "run-in" (o preparazione) e 8 settimane di intervento (periodo di trattamento con probiotico o placebo)

Qual era l'obiettivo principale di questo studio clinico?

L'obiettivo principale di questo studio clinico randomizzato, in triplo cieco, controllato con placebo, era valutare il potenziale beneficio dell'integrazione di Bifidobacterium animalis subsp. lactis HN019 sulla stitichezza funzionale, misurata in termini di movimenti intestinali spontanei completi (CSBM). Lo studio mirava a determinare se l'assunzione giornaliera di HN019 ad una dose specifica potesse migliorare i CSBM in individui con stitichezza funzionale rispetto ad un placebo.

Quali sono stati i principali risultati riguardo all'efficacia di Bifidobacterium lactis HN019 per la stitichezza?

Contrariamente alle aspettative basate su studi precedenti, questo studio clinico randomizzato su larga scala non ha dimostrato che l'integrazione giornaliera di Bifidobacterium lactis HN019 (alla dose testata di 4,69 × 10^9 CFU) superasse il placebo nell'aumentare i movimenti intestinali spontanei completi (CSBM) nelle persone con stitichezza. Sebbene si sia osservato un aumento dei CSBM sia nel gruppo HN019 che nel gruppo placebo, non c'era una differenza significativa tra i due gruppi.

Per quanto riguarda i sintomi gastrointestinali secondari, lo studio ha rilevato piccole differenze nominali. L'HN019 è stato associato ad una riduzione del dolore addominale e del gonfiore rispetto al gruppo placebo, dove questi sintomi sono leggermente aumentati. Tuttavia, non ci sono state differenze significative nella consistenza delle feci o nella difficoltà di evacuazione tra i gruppi. Non sono stati riportati eventi avversi gravi o seri e quelli riportati erano rari e distribuiti equamente tra i gruppi, indicando che il ceppo era ben tollerato e sicuro.

Lo studio ha esaminato anche altri fattori, come la dieta o il microbiota?

Sì, lo studio ha raccolto dati sulle abitudini alimentari e sull'attività fisica dei partecipanti, rilevando una bassa assunzione di fibre alimentari (9 g/die) in linea con la popolazione cinese, che potrebbe contribuire ai problemi intestinali. Inoltre, sono stati analizzati campioni fecali per il contenuto di umidità, acidi grassi a catena corta, acidi grassi a catena ramificata e la composizione del microbiota. Sebbene il microbiota sia stato analizzato, la sua composizione complessiva non è cambiata in modo significativo né nel tempo né tra i gruppi di studio, sebbene sia stato riscontrato un aumento della presenza di B. lactis nel gruppo HN019.

I punti di forza dello studio includono la sua dimensione adeguata, la durata prolungata dell'intervento (8 settimane) e la conferma dello stato di stitichezza dei partecipanti secondo i criteri di Roma III. Un limite significativo è stato l'impatto della pandemia di COVID-19 sulla vita dei partecipanti, che potrebbe aver influenzato il loro stile di vita. Inoltre, lo studio è stato condotto esclusivamente a Shanghai, limitando la sua portata geografica e la diversità etnica della popolazione studiata.

La vera arma segreta? La dieta

La dieta è il vero influencer del nostro microbiota. Una dieta ricca di fibre, frutta e verdura e povera di cibo spazzatura può fare miracoli per il tuo intestino, molto più di qualsiasi capsula. Anche se non è tecnicamente un probiotico, la dieta rappresenta il principale modulatore della composizione e della funzione del microbiota intestinale, favorendo la crescita di batteri benefici endogeni e la produzione di metaboliti favorevoli e agendo come substrato (prebiotico) per il microbiota residente (7,8,9). Interventi dietetici mirati possono arricchire selettivamente batteri come Akkermansia, Faecalibacterium, Roseburia e Ruminococcus, con effetti positivi su parametri gastrointestinali e metabolici (8,10,11).

Ad esempio, i cosiddetti “probiotici dietetici” (alimenti fermentati come yogurt, kefir, kimchi, ecc.) sono generalmente associati ad un profilo di sicurezza superiore, con effetti collaterali rari e limitati quasi esclusivamente a disturbi gastrointestinali lievi, soprattutto in soggetti non abituati a questi alimenti o in caso di intolleranza al lattosio. Il rischio di infezioni sistemiche o di trasferimento di geni di resistenza è considerato trascurabile con il consumo di alimenti fermentati rispetto agli integratori ad alto dosaggio (12,13).

E l’esercizio fisico? Un altro alleato dell’intestino felice.

L’esercizio fisico ha un effetto modulatore positivo sul microbiota intestinale, aumentando la diversità alfa (Shannon index) e favorendo la crescita di batteri benefici, come produttori di SCFA (short-chain fatty acids), con effetti favorevoli su immunità, metabolismo e integrità della barriera intestinale. Questi effetti sono più evidenti con esercizio moderato-regolare (150–270 minuti/settimana, per almeno 8 settimane), mentre esercizi intensi e prolungati possono transitoriamente aumentare la permeabilità intestinale, ma senza effetti avversi duraturi nella popolazione generale (14,15,16,17,18,19,20). Rispetto agli interventi dietetici però, l’esercizio fisico agisce in modo sinergico, ma generalmente con un impatto quantitativamente inferiore rispetto alla dieta (21,22).

Conclusione: servono davvero i probiotici?

Dipende. I probiotici selezionati possono essere utili in condizioni cliniche specifiche, ma non sono una bacchetta magica. L’efficacia dei probiotici esogeni dipende anche dal contesto dietetico: la dieta può facilitare o ostacolare la colonizzazione e la persistenza dei ceppi probiotici ingeriti.

Gli integratori probiotici farmacologici possono presentare un rischio di effetti collaterali superiore e più variabile rispetto ai probiotici assunti tramite la dieta, soprattutto nei soggetti vulnerabili, e la valutazione del rapporto rischio-beneficio deve essere individualizzata (23).

In sintesi, l’esercizio fisico regolare modula positivamente il microbiota intestinale, ma la dieta, anche se non è tecnicamente un probiotico, rappresenta il principale strumento per modulare il microbiota in modo fisiologico e sostenibile, mentre la supplementazione probiotica ha effetti più limitati e spesso transitori sulla composizione del microbiota, con benefici documentati soprattutto per ceppi specifici e in condizioni cliniche selezionate.

L’approccio ottimale per la salute intestinale integra una dieta sana, esercizio fisico e, se indicato, l’uso di probiotici selezionati per specifiche condizioni cliniche.