Disturbi intestinali inspiegabili? Il ruolo dell’istamina

Negli ultimi anni, c'è stato un crescente interesse nella caratterizzazione del microbiota intestinale, sia in individui sani che non sani. Mentre la connessione tra il microbiota intestinale e alcune malattie non trasmissibili, come l'obesità, il diabete, il cancro, i disturbi gastrointestinali e neurologici, è ad oggi oggetto di studi approfonditi, il suo ruolo nell'intolleranza alimentare, inclusa quella all'istamina, è ancora poco esplorato.

Dott. G. Eros Buonarota - Biologo Nutrizionista | Certified Functional Medicine Pratictioner

2/10/202510 min read

Disturbi intestinali inspiegabili? Il ruolo dell’istamina

Negli ultimi anni, c'è stato un crescente interesse nella caratterizzazione del microbiota intestinale, sia in individui sani che non sani. È noto che il microbiota intestinale in stato di equilibrio, definito eubiosi, ha un impatto sulla nostra salute e sul nostro benessere (1). Sebbene la sua composizione varia da un individuo all’altro, questa può essere alterata da un'ampia gamma di fattori, come le abitudini alimentari, lo stile di vita, lo stress, l'uso di farmaci e antibiotici (2). Mentre la connessione tra il microbiota intestinale e alcune malattie non trasmissibili, come l'obesità, il diabete, il cancro, i disturbi gastrointestinali e neurologici, è ad oggi oggetto di studi approfonditi, il suo ruolo nell'intolleranza alimentare, inclusa quella all'istamina, è ancora poco esplorato (3).

Cos'è L'istamina ?

L'istamina è un'ammina biogena, inclusa in un gruppo di ammine come putrescina, cadaverina e tiramina, prodotte dalla fermentazione batterica (4), che fu sintetizzata per la prima volta all'inizio del 1900 e da allora, le sue funzioni hanno iniziato a essere scoperte e sempre più descritte (5). L'azione più nota di questa ammina è quella di indurre la contrazione delle cellule muscolari lisce (compresi i bronchi e l'intestino), nonché di dilatare i vasi sanguigni e aumentarne la permeabilità. L'istamina provoca disturbi del ritmo cardiaco e influenza la pressione sanguigna, aumenta la secrezione mucosa, la secrezione acida gastrica e l'irritazione delle fibre nervose nocicettive (6,7). Può anche svolgere un ruolo nella neurotrasmissione, nell'immunomodulazione, nella guarigione delle ferite, nell'ischemia intestinale, nella regolazione del ritmo giorno-notte e nell'angiogenesi nei modelli tumorali (8).

Istamina nell'intestino

L'istamina è ben nota per i suoi effetti nella risposta di ipersensibilità di tipo immediato, invece l'effetto patologico dell'aumento dei livelli della stessa, nell'intestino, è meno conosciuto. Tuttavia, elevati livelli alterano le interazioni immunitarie dell'ospite con il microbiota e portano ad un’alterazione dell'omeostasi, causando lo sviluppo di molti disturbi e di molte malattie intestinali difficili da affrontare. I sintomi, spesso cronici e inspiegabili, causati della compromissione della degradazione dell'istamina, colpiscono più del 20% della popolazione, e si manifestano con disturbi gastrointestinali funzionali, non specifici, non allergici, fino al verificarsi di disturbi anche extra-intestinali (9). Si sospetta che una quantità sproporzionata di istamina nel corpo derivi dal consumo di alimenti o bevande che la contengono e dalla ridotta capacità degli enzimi di digerire e degradare l'istamina stessa (10). Prove scientifiche e studi a sostegno di questa idea aumentano sempre di più (11). Inoltre, va ricordato che, negli alimenti, il processo di fabbricazione, la pulizia dei materiali, la composizione microbica e la fermentazione influenzano proprio la quantità di istamina contenuta.

Intolleranza all'istamina

Con il termine "intolleranza all'istamina", che occasionalmente, viene anche definita come "istaminosi enterale" o "sensibilità all'istamina alimentare", si indica principalmente un deficit dell'enzima diammina ossidasi (DAO) (10), che porta ad un'alterazione dell’omeostasi e ad un maggiore assorbimento sistemico di istamina. L'attività DAO alterata può avere un'origine genetica o può anche essere temporanea e reversibile, ed insorgere come effetto collaterale di alcuni farmaci ampiamente utilizzati, come l' acido clavulanico o l'acetilcisteina, o come un sintomo secondario da danni agli enterociti nel corso di malattie gastrointestinali (12). Un gruppo di ricercatori, infatti, ha scoperto che il danno della mucosa causato da gastroenterite, sindrome dell'intestino irritabile (IBS), sindrome dell'intestino corto o chirurgia gastrointestinale ha portato ad una concomitante diminuzione delle attività di DAO e lattasi (enzima che “digerisce” il lattosio) (13). Inoltre, studi recenti hanno suggerito che la ridotta attività DAO potrebbe essere collegata anche alla sensibilità al glutine non celiaca (14,15). Recenti proposte suggeriscono, anche, che un'altra causa della carenza di DAO potrebbe essere un'alterazione nella composizione del microbiota intestinale (16). I ricercatori hanno descritto che una maggiore abbondanza di batteri che secernono istamina nell'intestino, nonché una minore presenza di batteri ad attività istaminolitica, potrebbe favorire l'accumulo di istamina a livello intestinale, portando così allo sviluppo di intolleranza (3) e che la disbiosi intestinale potrebbe contribuire all'infiammazione della mucosa e, a sua volta, favorire lo sviluppo di un intestino permeabile, con la conseguente potenziale riduzione dell’attività enzimatica DAO (16). Sarebbe importante considerare, anche, che una disbiosi intestinale potrebbe non essere, di per sé, l'unica causa di intolleranza all'istamina ma probabilmente aggraverebbe i sintomi derivati da altre cause primarie di deficit di DAO (genetiche o patologiche) (9). L'espressione genetica della DAO è principalmente nell'intestino tenue, anche se la troviamo nel colon ascendente, nella placenta e nei reni (17,18) e la sua attività, come mostrato in modelli animali, aumenta dal duodeno all'ileo, trovando spazio nei villi intestinali (19). L’enzima viene sintetizzato dagli enterociti intestinali maturi e viene costantemente rilasciato dalla mucosa intestinale, nell'intestino e nella circolazione sanguigna, durante la digestione (20,21). Quindi, sebbene sia stato suggerito che l’intolleranza all’istamina sia anche una malattia metabolica (10), la digestione inadeguata sembra causare un eccesso di istamina in tutto il corpo che dà inizio ad un'ampia varietà di sintomi.

Sintomi & Diagnosi

I sintomi gastrointestinali includono molteplici combinazioni individuali, che possono essere accompagnati, come già spiegato, anche da sintomi extraintestinali. Quelli predominanti sono dolore addominale, gonfiore, diarrea e spesso, tra questi pazienti, viene riferita anche una pienezza postprandiale. Sintomi che vengono descritti spesso anche nella dispepsia funzionale (vasto quadro di sintomi che vanno dal gonfiore addominale, all’acidità gastrica, nausea e vomito, continue eruttazioni) e nella SIBO, un aumento anomalo della popolazione batterica complessiva nell'intestino tenue. Inoltre, l'istamina è stata recentemente nominata come mediatore chiave nella sindrome dell’intestino irritabile (IBS) (22), e alcuni studi hanno rivelato che i pazienti con IBS presentavano livelli più elevati di istamina (23). La diagnosi clinica rimane una sfida, poiché, ad oggi, mancano test diagnostici standardizzati. La diagnosi di intolleranza all'istamina può essere fatta solo dopo aver escluso altre cause che possono produrre sintomi simili. Devono essere escluse allergie alimentari IgE-mediate e l'azione di farmaci che possono interferire con il metabolismo e la distribuzione dell'istamina. La diagnosi di solito richiede la presenza di almeno due sintomi clinici in meno di quattro ore dopo l'assunzione di cibo e il loro miglioramento o remissione dopo una dieta a basso contenuto di istamina. Sono disponibili anche test complementari come la determinazione dell'attività DAO in campioni di sangue e l'identificazione di marcatori genetici e metabolici (24). Il fattore chiave, però, per una diagnosi corretta, essenziale per il successo della terapia, è un'anamnesi approfondita del paziente. Al di là della documentazione, delle informazioni dettagliate fornite dal paziente, è essenziale indagare e interrogare sistematicamente i sintomi presumibilmente correlati alla reazione avversa e dovrebbe essere stabilita una relazione chiara e riproducibile tra l'ingestione di alimenti ricchi di istamina e i conseguenti sintomi. Uno strumento importante per l’elaborazione diagnostica è un diario della dieta e dei sintomi.

Terapia e Alimentazione

Se la diagnosi “reazioni avverse all’istamina esogena” è riproducibile e confermata, la terapia mira a limitare al minimo i sintomi senza ridurre la qualità di vita del paziente. Le diete generali povere di istamina, come quelle trovate sul web e spesso raccomandate ai pazienti, sono generalmente inadeguate per raggiungere questo obiettivo terapeutico. Questi tipi di diete non sono adatte come terapia a lungo termine, soprattutto perché limitano troppo la gamma di cibi e bevande. Il contenuto di istamina del cibo può variare in modo significativo: un contenuto di istamina di 100 mg/kg di pesce è già considerato critico. Questa soglia può essere facilmente superata nei pesci avariati appartenenti ad una famiglia ad alto contenuto di istidina. L'Unione europea ha stabilito un limite di 100 mg/kg (massimo 200 mg/kg) (25). Il pesce appena pescato, ad esempio, non contiene quasi istamina, mentre il contenuto di istamina del pesce stagionato, in salamoia o non proprio fresco può essere superiore a 2.000 mg/kg (26). Anche il contenuto di istamina del formaggio, un altro alimento ricco di istamina spesso citato, può variare in modo significativo. Lo stesso vale per le salsicce, il vino, le verdure in salamoia e simili (2,12). Gli alimenti istaminergici sono quelli che ne contengono molta (principalmente i prodotti della fermentazione microbica quali formaggi fermentati come Brie, Cheddar, Gorgonzola, carni in scatola o insaccati, pesce in scatola oppure bevande alcoliche come vino e birra). Gli alimenti istamino liberatori sono così definiti perché non contengono istamina, ma la loro ingestione la fa rilasciare dalle cellule del sistema immunitario del nostro corpo, aumentando così la quantità di istamina nel sangue (es. fragole, ananas, pera, agrumi, cioccolato, funghi, pomodori, avocado, noci, nocciole, mandorle, anacardi, albume, pesce, soia, papaya, agrumi, spezie, cioccolato crostacei e frutti di mare) (8). Ma nemmeno la conoscenza dettagliata del contenuto di istamina di un determinato alimento consente di trarre conclusioni sulla sua tollerabilità.

Terapia Dietetica e Integrazione

La tollerabilità individuale è ovviamente influenzata in modo significativo dalla scelta degli alimenti nonché dalla composizione e dagli intervalli dei pasti. Un’alimentazione povera di carboidrati, ricca di proteine e grassi, porta ad un significativo miglioramento dei sintomi. L’effetto positivo si basa probabilmente su un tempo di passaggio gastrointestinale più lungo, su una permeabilità modificata e quindi su un periodo d’azione più lungo degli enzimi catabolizzanti, ma anche sull’influenza sulla microflora intestinale del paziente. Dal punto di vista terapeutico, un approccio in tre fasi si è dimostrato efficace (13). La fase iniziale di evitamento di 10 – 14 giorni è principalmente dedicata alla riduzione dei sintomi limitando l’apporto di amine biogene. Inoltre, sono importanti la scelta generale degli alimenti, la composizione dei pasti e gli intervalli tra loro. Se il paziente è abituato a una dieta ricca di carboidrati, l’aggiunta di proteine e grassi e la riduzione dei carboidrati si è dimostrato un approccio efficace per supportare la riduzione dei sintomi. Dopo 2 settimane, gli alimenti evitati dovrebbero essere reintrodotti (facendo dei test). Ciò amplia la varietà degli alimenti che possono essere consumati dal paziente tenendo conto dei fattori individuali (stress, stato ormonale, uso di farmaci ecc.). L’ultima fase è una dieta continua adattata individualmente che garantisce un’elevata qualità di vita e non limita troppo la scelta alimentare del paziente. Anche l'integrazione di DAO è raccomandata come trattamento complementare nelle persone con deficit intestinale dell’enzima (27,28), ed alcuni studi, inoltre, hanno dimostrato che l'integrazione con cofattori enzimatici DAO come vitamina C, rame e vitamina B6 può essere una terapia aggiuntiva (29). Infine, un campo di ricerca interessante sembra essere l'integrazione con microrganismi probiotici, anche se non ci sono studi sufficienti che valutino l'efficacia. Tuttavia, sulla base delle informazioni disponibili, si può presumere che i membri del genere Bifidobacterium possano essere considerati candidati per un'integrazione adeguata (30).

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