Addio Disbiosi : Kombucha, la bevanda che “ripara” il microbiota in 8 settimane… senza diete!
Bere kombucha ogni giorno può davvero migliorare la salute dell’intestino? Un nuovo studio clinico dice di sì... e i risultati sono sorprendenti, soprattutto per chi ha problemi di peso. Scopri come il kombucha di tè nero riequilibra il microbiota in soli 8 settimane.
Dott. G. Eros Buonarota - Biologo Nutrizionista | Certified Functional Medicine Pratictioner - Milano
6/23/20258 min read


Kombucha e intestino: uno studio clinico dimostra i benefici del tè nero fermentato sul microbiota
Negli ultimi anni, il kombucha è diventato un fenomeno globale. Questa bevanda fermentata a base di tè e zucchero, nota per il suo gusto acidulo e frizzante, viene spesso promossa come “elisir” per l’intestino. Ma fino ad oggi, mancavano prove scientifiche concrete che confermassero i suoi effetti sull’uomo.
Ora, un nuovo studio clinico pubblicato su The Journal of Nutrition ha fatto chiarezza: bere ogni giorno kombucha di tè nero per otto settimane può davvero migliorare la composizione del microbiota intestinale, soprattutto nelle persone con obesità.
Conosciamo meglio il Kombucha
Il kombucha è una bevanda a base di tè fermentato che ha guadagnato popolarità grazie ai suoi potenziali benefici per la salute, attribuiti principalmente ai composti bioattivi prodotti durante la fermentazione. Questi composti includono acidi organici, polifenoli, vitamine e probiotici, che contribuiscono a varie proprietà benefiche per la salute (1,2,3,4,5,6,7,8).
I benefici per la salute :
Effetti antiossidanti: Il kombucha contiene polifenoli e altri antiossidanti che possono aiutare a ridurre lo stress ossidativo e l’infiammazione, con potenziali benefici per condizioni come le comorbidità legate all’obesità (1,3,7).
Attività antimicrobica: Gli acidi organici e i composti bioattivi presenti nel kombucha mostrano proprietà antimicrobiche, che possono aiutare a controllare microrganismi patogeni (1,3,5,7).
Potenziale probiotico: La coltura simbiotica di batteri e lieviti (SCOBY) nel kombucha può contribuire alla modulazione del microbiota intestinale, supportando la salute digestiva e potenzialmente aiutando nella gestione di disturbi gastrointestinali (1,3,6,7).
Effetti epatoprotettivi: Si ritiene che il kombucha supporti i processi di disintossicazione epatica, il che potrebbe essere utile per ridurre i danni al fegato e migliorarne la funzione (1,3,7,8).
Proprietà antidiabetiche e anticancro: Alcuni studi hanno indicato che il kombucha potrebbe avere effetti antidiabetici e un ruolo nella prevenzione del cancro, sebbene siano necessarie ulteriori ricerche cliniche per confermare tali affermazioni (1,3,5,8).
Ci sono però anche dei rischi :
Potenziale tossicità: Il kombucha può comportare rischi a causa della sua natura acida e del potenziale di contaminazione durante la produzione casalinga. Sono stati segnalati effetti avversi, in particolare in popolazioni vulnerabili come neonati, donne in gravidanza e persone con sistema immunitario compromesso (4,6).
Contenuto alcolico: Il processo di fermentazione può portare a un contenuto alcolico variabile nel kombucha, che può rappresentare una preoccupazione per alcune persone, soprattutto se non adeguatamente controllato (4,6).
Variabilità nella composizione: La composizione del kombucha può variare notevolmente, specialmente nelle preparazioni artigianali, il che può influire sulla sua sicurezza ed efficacia. È fondamentale standardizzare i processi di produzione per garantire benefici per la salute e sicurezza coerenti (3,6).
Un nuovo studio pionieristico sull’uomo
Secondo una revisione sistematica, il consumo di kombucha sembra attenuare lo stress ossidativo e l'infiammazione, migliorare il processo di detossificazione epatica e ridurre la disbiosi intestinale (9) e un altro studio condotto sui ratti ha evidenziato che il kombucha può modulare il microbiota intestinale, attenuando gli effetti di una dieta occidentale ricca di grassi e fruttosio, favorendo la crescita di batteri benefici e aumentando la produzione di propionato (10), ma non erano mai stati condotti dei trial clinici sull'essere umano.
Un nuovo studio, condotto dall'Università di Viçosa, in Brasile, ha coinvolto 46 partecipanti adulti, divisi in due gruppi: 23 con peso normale e 23 obesi (dei 46 partecipanti iniziali, solo 38 però hanno completato lo studio e nello specifico, 21 partecipanti del gruppo con peso normale e 17 del gruppo con obesità hanno portato a termine la ricerca). Tutti i partecipanti hanno consumato 200 ml di kombucha al giorno per otto settimane, senza modificare dieta, stile di vita o livello di attività fisica. Questo è il primo studio clinico condotto sull’uomo che indaga gli effetti del kombucha sul microbiota intestinale, colmando un'importante lacuna nella letteratura scientifica. Obiettivo dello studio? Valutare gli effetti del consumo regolare di kombucha a base di tè nero sulla salute intestinale in individui con e senza obesità e se questo potesse effettivamente modificare positivamente la flora intestinale, ovvero quell’universo di batteri e lieviti che vivono nel nostro intestino e influenzano digestione, immunità e persino umore.
Il kombucha utilizzato nello studio è a bse di tè nero e zucchero fermentati con una coltura simbiotica di batteri e lieviti (SCOBY). Il kombucha prodotto presentava un pH medio di 3,48, 0,99 g/L di acido acetico, 4,53 g/L di etanolo e 0,69 mg/mL di fenoli totali. Sono stati identificati 145 composti fenolici, principalmente flavonoidi (81%), con un’elevata concentrazione di quercetina, catechine e acidi fenolici (19%). Inoltre, il kombucha conteneva acidi organici, lieviti e batteri lattici e acetici, responsabili delle sue proprietà funzionali. La fermentazione SCOBY (batteri + lieviti) in un pH acido stimola la crescita dei microbi benefici, mentre grazie ai composti fenolici ostacola i patogeni, un vero e proprio effetto "ecologico" sull’ecosistema intestinale.
I campioni biologici, come sangue, urine e feci, sono stati raccolti al basale (all'inizio dello studio, T0) e al termine dell’intervento (T8, otto settimane). Sono stati valutati: la composizione del microbiota batterico e fungino (tramite sequenziamento 16S rRNA e ITS), la permeabilità intestinale (zonulina nel plasma), e la concentrazione fecale di acidi grassi a catena corta (SCFA). Il kombucha è stato analizzato per composizione chimica, acidità, contenuto fenolico e profilo microbiologico.
I principali risultati :
Una modulazione significativa del microbiota intestinale in entrambi i gruppi studiati (normopeso e obesi), ad esempio un leggero aumento del phylum Bacteroidota in entrambi i gruppi, il che è significativo poiché uno squilibrio tra Bacteroidota e Firmicutes è spesso associato all'obesità. Ma ciò che ha colpito i ricercatori è stato l’effetto più pronunciato proprio nei soggetti obesi. Dopo otto settimane di consumo di Kombucha, nei soggetti obesi si è osservata una riduzione significativa di due generi batterici associati all'obesità e disbiosi metabolica: Ruminococcus e Dorea, che erano elevati al basale e associati all'obesità e alle sue comorbidità, diventando simili ai livelli osservati nel gruppo con peso normale. Contemporaneamente, è aumentata la presenza di batteri benefici come Akkermansiaceae e Subdoligranulum, quest’ultimo noto per la produzione di butirrato, un acido grasso a catena corta con proprietà antinfiammatorie, e associato a parametri di rischio metabolico migliorati e a una migliore risposta glicemica, compresa la HOMA-IR. Il genere Akkermansia, a cui appartiene A. muciniphila, è noto per le sue proprietà probiotiche e il potenziale nel migliorare la sensibilità all'insulina e ridurre l'infiammazione, in parte grazie alla sua interazione con i composti fenolici e il muco intestinale.
Inoltre, nei partecipanti di entrambi i gruppi si è osservato un incremento del genere fungino Saccharomyces, mentre sono diminuiti funghi opportunisti come Exophiala e Rhodotorula, più comuni nei soggetti obesi. Il risultato è stato un ambiente intestinale microbico più equilibrato, sia a livello batterico che a livello fungino. Anche alcuni lieviti, come Dekkera e Pichia (tipici del kombucha), sono aumentati nel microbiota intestinale, suggerendo una colonizzazione temporanea legata al consumo della bevanda.
Cosa non è cambiato : SCFA e permeabilità intestinale
Non sono state osservate differenze significative nella permeabilità intestinale (valutata tramite il rapporto lattulosio/mannitolo) o nelle concentrazioni di zonulina tra i gruppi o all'interno dello stesso gruppo prima e dopo il trattamento. Allo stesso modo, non sono state riscontrate differenze significative nelle concentrazioni di acetato, butirrato e propionato (SCFA) nelle feci dei partecipanti. Sebbene gli SCFA siano importanti per la salute intestinale e siano prodotti dalla degradazione di mucine e carboidrati da parte di alcuni batteri favoriti dalla kombucha (come Akkermansia), gli autori ipotizzano che siano stati assorbiti nell'epitelio intestinale piuttosto che essere escreti nelle feci, spiegando la mancanza di differenze misurabili. Tuttavia, i livelli di proteina legante i lipopolisaccaridi (LBP), un marcatore di traslocazione batterica, erano costantemente più alti nel gruppo obeso rispetto al gruppo con peso normale, indipendentemente dal consumo di kombucha, e non sono cambiati significativamente con l'intervento.
Perché funziona?
I ricercatori precisano che Il kombucha crea un ambiente che favorisce l’equilibrio di tutto l’ecosistema microbico intestinale, non funge solo da probiotico, immettendo batteri buoni. Questo approccio “naturale” potrebbe spiegare perché i risultati sono stati così pronunciati nel gruppo obeso, in quanto, semplicemente, presentano un microbiota squilibrato che ha più margine di miglioramento. Ma va ricordato che non tutti i kombucha sono uguali. I ricercatori hanno utilizzato una versione preparata secondo la ricetta tradizionale, tè nero, zucchero e una coltura simbiotica di batteri e lieviti (SCOBY) lasciata fermentare per una settimana. Questa fermentazione produce acidi organici che abbassano il pH intestinale, creando condizioni ideali per i batteri benefici.
Limiti dello studio: cosa considerare prima di trarre conclusioni definitive
Come ogni ricerca scientifica seria, anche questo studio ha i suoi limiti, che gli stessi autori hanno sottolineato con trasparenza. Conoscerli è fondamentale per interpretare correttamente i risultati e comprendere cosa aspettarci da studi futuri.
1. Assenza di un gruppo di controllo
Lo studio non includeva un gruppo placebo o di confronto che non consumasse kombucha. Questo rende più difficile attribuire con certezza i cambiamenti osservati esclusivamente all'intervento. I risultati si basano sul confronto tra valori prima e dopo l'assunzione e tra gruppi normopeso e obesi, ma non con un gruppo esterno non trattato.
2. Influenza di fattori esterni
Nonostante ai partecipanti fosse stato chiesto di mantenere la stessa dieta e lo stesso stile di vita, va considerato che lo studio è stato condotto durante la pandemia da COVID-19, un periodo particolarmente instabile. Fattori come stress, sonno, idratazione e persino l’orario dell’ultimo pasto possono aver alterato la composizione del microbiota, influenzando indirettamente i risultati.
3. Nessuna variazione misurabile nei SCFAs
Le concentrazioni di acidi grassi a catena corta (SCFAs) nelle feci non sono cambiate in modo significativo. Una possibile spiegazione? Gli SCFAs potrebbero essere stati assorbiti rapidamente dal rivestimento intestinale, quindi non rilevati nei campioni fecali. Inoltre, l’elevata variabilità tra i partecipanti può aver mascherato differenze reali.
4. Interpretazione dei microrganismi: una questione ancora aperta
Non tutti i microrganismi benefici o meno sono ancora completamente compresi. La scienza del microbiota è in continua evoluzione, e non esiste ancora un consenso unanime su come interpretare la presenza o l’assenza di specifici ceppi. Serve cautela, e soprattutto va considerato il contesto più ampio, fatto di interazioni tra batteri, funghi, dieta, stile di vita e genetica individuale.
5. Serve più ricerca
Gli autori stessi invitano a non fermarsi a questi risultati, per quanto promettenti. Sarà importante:
testare il kombucha con altre dosi e durate
includere gruppi di controllo veri e propri
valutare l’effetto in combinazione con interventi dietetici personalizzati
In sintesi, questo studio è un passo avanti importante, ma non una risposta definitiva. Per capire appieno il potenziale del kombucha sulla salute intestinale, servono ancora ricerche più ampie, mirate e strutturate.
Conclusione: un piccolo sorso, un grande impatto sul microbiota?
Questo studio clinico segna un punto di svolta nella comprensione scientifica del kombucha: per la prima volta, è stato dimostrato che bere quotidianamente kombucha di tè nero per 8 settimane può modificare positivamente il microbiota intestinale.
I risultati sono particolarmente interessanti nei soggetti con obesità, dove il microbiota, spesso alterato, ha mostrato un notevole miglioramento: diminuzione di batteri associati a disbiosi, aumento di specie benefiche legate a migliori esiti metabolici e un riequilibrio anche del micobiota fungino.
Pur con alcuni limiti metodologici, i dati sono promettenti: il kombucha, se ben preparato, potrebbe diventare un alleato semplice ma efficace nella promozione della salute intestinale, anche senza modifiche drastiche allo stile di vita o alla dieta.
Ma attenzione: non tutti i kombucha sono uguali. Il prodotto utilizzato nello studio era artigianale, non pastorizzato, e fermentato naturalmente con SCOBY e tè nero. Un invito, quindi, a scegliere consapevolmente.
In attesa di studi futuri più ampi, una cosa è chiara: l’intestino è un ecosistema complesso, ma anche profondamente influenzabile. E forse, un piccolo gesto quotidiano, come bere un bicchiere di kombucha, può contribuire a riportare equilibrio dove serve di più.
📚 Fonte:
Costa CMR, et al. Regular Consumption of Black tea kombucha modulates the Gut Microbiota in Individuals with and without obesity. The Journal of Nutrition. 2024;154(7):1900–1912. https://doi.org/10.1016/j.tjnut.2024.12.013
