Butirrato: Il Metabolita Intestinale che Sta Rivoluzionando la Salute

Negli ultimi anni, il microbiota intestinale è diventato un argomento chiave della ricerca scientifica, e tra i suoi metaboliti più studiati spicca il butirrato: un piccolo acido grasso a catena corta (SCFA), ma dal potenziale enorme. Non solo protegge l’intestino, ma influenza anche il metabolismo, il sistema immunitario e persino il cervello. Una revisione scientifica ne sottolinea il ruolo multifattoriale, evidenziandone l’impatto sistemico su condizioni metaboliche, infiammatorie e neurologiche.

Dott. G. Eros Buonarota - Biologo Nutrizionista | Certified Functional Medicine Pratictioner - Milano

6/29/20258 min read

Butirrato: il Piccolo Grande Metabolita che Potenzia la Salute di Intestino, Corpo e Mente

Negli ultimi anni, il microbiota intestinale è diventato un protagonista indiscusso della ricerca scientifica. Tra i suoi metaboliti più interessanti, il butirrato si distingue come una sostanza chiave per la salute dell’intestino, del metabolismo e persino del cervello. Ma cos’è esattamente il butirrato e perché merita così tanta attenzione? Una revisione enfatizza il ruolo multifattoriale del butirrato, un acido grasso a catena corta (SCFA), non solo nella salute intestinale ma anche nel suo impatto sistemico, su condizioni metaboliche e neurologiche.

Che cos’è il Butirrato e da dove viene?

Il butirrato è un acido grasso a catena corta (SCFA) composto da quattro atomi di carbonio. Viene prodotto nel colon da specifici batteri intestinali attraverso la fermentazione delle fibre alimentari e delle proteine non digerite. È un chiaro esempio di come una dieta ricca di fibre possa nutrire i nostri “alleati” microbici, i quali, in cambio, ci forniscono preziosi benefici (1). I principali produttori di butirrato appartengono al gruppo dei Firmicutes, tra cui spiccano Faecalibacterium prausnitzii, Clostridium butyricum ed Eubacterium limosum. Altri batteri di phyla diversi, come Actinobacteria o Bacteroidetes, possono anch’essi contribuire alla sua sintesi. Tra questi, Faecalibacterium prausnitzii è il più diffuso nei campioni fecali, rappresentando circa il 5% (1,2,3).

Dove si trova il butirrato (o i suoi precursori) negli alimenti?

Il butirrato viene prodotto nell’organismo umano principalmente dalla fermentazione anaerobica delle fibre alimentari non digeribili (come amido resistente, inulina, arabinoxilani) da parte del microbiota intestinale nel colon. I principali processi fisiologici coinvolgono la degradazione dei carboidrati complessi in monosaccaridi e successivamente la fermentazione batterica tramite la via butirril-CoA:acetato CoA-transferasi e, in misura minore, la via della butirato chinasi. Alcuni amminoacidi possono anch’essi contribuire, ma in modo marginale rispetto ai carboidrati (2,4,5). Quindi, in parole povere, la produzione di butirrato è influenzata da diete ricche di amidi resistenti e fibre. Alimenti come avena, ceci, broccoli, carote, patate cotte e banane verdi contribuiscono al suo metabolismo.

Inoltre, il butirrato, è presente direttamente in quantità molto basse in alcuni alimenti fermentati di origine animale, come burro, formaggi stagionati e latte intero, ma le concentrazioni assunte con la dieta sono trascurabili rispetto a quelle prodotte endogenamente nel colon dalla fermentazione delle fibre alimentari da parte del microbiota intestinale (6). Un esempio è il ghee (burro chiarificato), che contiene butirrato, in quanto derivato dal burro, una delle principali fonti alimentari dirette di butirrato. Il contenuto di butirrato nel ghee è simile a quello del burro tradizionale, dato che il processo di chiarificazione non elimina gli acidi grassi a catena corta come il butirrato. In termini quantitativi, il burro e il ghee contengono circa il 3-4% di butirrato rispetto al totale degli acidi grassi, mentre i formaggi stagionati e il latte intero ne contengono quantità inferiori, con i formaggi che possono arrivare a concentrazioni leggermente superiori rispetto al latte ma comunque inferiori al burro e al ghee (7,8,9). Tuttavia, anche se il ghee è tra gli alimenti con la più alta concentrazione di butirrato disponibile direttamente, come già citato in precedenza, la produzione endogena di questo metabolita nel colon, mediata da batteri butirogeni, rappresenta la principale fonte di questo acido grasso a catena corta nell’organismo umano e ha un impatto molto più rilevante sulla salute intestinale e sistemica rispetto all’assunzione diretta tramite alimenti (6,10).

Ruolo del Butirrato nella Salute Intestinale

L’impatto sulla salute intestinale è significativo, in quanto il butirrato riduce l’infiammazione, promuove la guarigione della mucosa, rafforza la barriera epiteliale e protegge dal danno ossidativo. Bassi livelli di butirrato o una ridotta presenza di batteri produttori sono associati a disbiosi, aumento della permeabilità intestinale e patologie come le malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD) e il cancro del colon. Studi clinici e preclinici suggeriscono che l’integrazione di butirrato o diete ricche in fibre possono ridurre l’attività infiammatoria e favorire la remissione nelle IBD, anche se i risultati sull’efficacia clinica sono ancora eterogenei (11,12,13). Le principali funzioni del butirrato includono (1,11,12,14):

  • Fonte Energetica per i Colonociti: è una fonte energetica primaria per le cellule del colon (colonociti), soddisfacendo fino all' 80-90% del loro fabbisogno energetico.

  • Rafforzamento della Barriera Intestinale: migliora la funzione della barriera intestinale e regola l'integrità delle giunzioni strette, che sono cruciali per la difesa del corpo contro i patogeni. Stabilizza il fattore inducibile dall'ipossia (HIF), che regola la proteina della giunzione stretta claudin-1 e l'espressione di MUC2.

  • Effetti Anti-infiammatori: possiede proprietà antinfiammatorie sistemiche, riducendo le citochine pro-infiammatorie (es. IL-6, IL-12, TNF-α) e mantenendo l'omeostasi immunitaria. Inibisce l'attività del fattore nucleare kappa-light-chain-enhancer delle cellule B attivate (NF-κB).

  • Immunomodulazione: promuove l'escrezione di immunoglobulina A (IgA) T-indipendente nel colon e modula l'iperresponsività dei macrofagi ai microrganismi commensali dell'intestino crasso.

  • Implicazioni Cliniche:Malattia Infiammatoria Intestinale (IBD): È stato dimostrato che il butirrato migliora i marker infiammatori e la remissione in pazienti con colite ulcerosa (UC). I livelli di SCFA fecali, inclusi gli acidi acetico, propionico e butirrico, erano significativamente più bassi nei pazienti con UC e malattia di Crohn rispetto ai controlli sani.

  • Cancro Colorettale (CRC): esibisce potenti proprietà antitumorali modulando le risposte immunitarie, promuovendo la differenziazione dei macrofagi verso un fenotipo anti-tumorale (M1), stimolando le cellule T regolatorie (Treg) e inducendo l'apoptosi delle cellule tumorali.

Butirrato, Obesità e Salute Metabolica

A livello di salute generale, il butirrato mostra effetti benefici sul metabolismo (riduzione della resistenza insulinica, protezione contro la steatosi epatica non alcolica), sulla regolazione dell’infiammazione sistemica e, tramite l’asse intestino-cervello, sulla modulazione di funzioni neurologiche e neuroinfiammatorie. Inoltre, è riconosciuto per la sua capacità di "mitigare l'obesità e i disturbi metabolici" attraverso la regolazione degli ormoni e dei mediatori che mantengono l'equilibrio energetico. Studi sugli animali hanno mostrato che la supplementazione di butirrato riduce significativamente il peso corporeo e il grasso,indipendentemente dal consumo calorico (1,15). Effetti sulla salute metabolica:

  • Promuove l'ossidazione degli acidi grassi e riduce i livelli di lipidi nel tessuto adiposo bruno, nel fegato e nei tessuti muscolari.

  • Migliora la sensibilità all'insulina, aumenta la spesa energetica e stimola la biogenesi mitocondriale e la termogenesi adattiva.

  • Riduce la steatosi epatica e l'accumulo di grasso nel pancreas, migliorando la funzione delle cellule β pancreatiche e la stabilità del rilascio di insulina.

  • Diabete di Tipo 2: La disbiosi intestinale, caratterizzata dalla riduzione dei batteri produttori di butirrato, è strettamente correlata al diabete di tipo 2. Il butirrato può agire come inibitore dell'HDAC (istone deacetilasi), mostrando così caratteristiche antidiabetogene.

  • Impatto sull'Insulino-Resistenza: studi integrati hanno collegato alti livelli di produzione di butirrato ad una migliore risposta all'insulina in pazienti normoglicemici. La supplementazione di butirrato ha mostrato miglioramenti nella tolleranza al glucosio e nella gestione del glucosio.

    Questi risultati evidenziano il potenziale del butirrato per essere utilizzato come agente terapeutico per l'obesità e il diabete di tipo 2 nel prossimo futuro.

Un Alleato per il Cervello

Sapevi che il butirrato può attraversare la barriera emato-encefalica? Questo significa che i suoi effetti non si fermano all’intestino. La revisione citata in precedenza, ha analizzato anche il suo potenziale neuroprotettivo, inclusa la modulazione della neuroinfiammazione e il miglioramento delle funzioni cognitive, suggerendo il butirrato come una promettente via terapeutica per diverse condizioni patologiche.

Il butirrato agisce direttamente sul cervello, dove:

  • Regola l’espressione genica e l’acetilazione degli istoni, con effetti neuroprotettivi.

  • Riduce l’infiammazione cerebrale attivando recettori come GPR109a.

  • Modula la comunicazione tra cervello e intestino tramite l’asse intestino-cervello.

Quali disturbi neurologici possono trarne beneficio?

  • Alzheimer: miglioramento cognitivo e riduzione dell’ansia (Studi su modelli murini)

  • Parkinson: aumento della dopamina e protezione delle cellule neuronali, portando ad un miglioramento dei deficit motori, un aumento dei livelli di dopamina" e una "riduzione dello stress causato dalle specie reattive dell'ossigeno (ROS) e della neuroinfiammazione.

  • Autismo (ASD): miglioramento delle interazioni sociali

  • Malattia di Huntington: Il butirrato e il fenilbutirrato (un analogo) portano al ripristino dell'acetilazione degli istoni, riducendo l'apoptosi nelle cellule neuronali e aumentando l'aspettativa di vita.

  • Ictus: ha attenuato efficacemente il danno cerebrale in modelli murini

Come viene Assorbito il Butirrato? Quali Integratori?

Una volta prodotto nel colon, il butirrato viene assorbito quasi interamente dalle cellule intestinali. Solo una minima parte entra in circolo e raggiunge altri organi, soprattutto il fegato. Questo spiega perché la sua biodisponibilità sistemica è limitata, e gran parte dei suoi effetti a distanza avviene indirettamente, modulando l’infiammazione e la comunicazione intestino-cervello.

Le principali tipologie di integratori di butirrato disponibili sono butirrato di sodio, butirrato di calcio e trigliceridi del butirrato (come la tributirina). Queste forme differiscono per composizione chimica, modalità di assorbimento e potenziale utilizzo clinico.

Butirrato di sodio e butirrato di calcio sono sali di butirrato, disponibili in formulazioni orali e, meno frequentemente, rettali. Sono rapidamente assorbiti nel tratto gastrointestinale prossimale, il che limita la quantità di butirrato che raggiunge il colon distale, sede principale dell’azione fisiologica. La scelta tra sodio e calcio dipende da considerazioni individuali (ad esempio, apporto di sodio o calcio nella dieta), ma non vi sono differenze sostanziali in termini di efficacia clinica documentata. Studi clinici, come in pazienti con steatosi epatica metabolica, non hanno mostrato differenze significative tra le due forme in termini di outcome principali, anche se possono differire per effetti su marker infiammatori o metabolici secondari (16).

Trigliceridi del butirrato (es. tributirina) sono esteri del glicerolo con tre molecole di butirrato. Questa forma è più lipofila e viene idrolizzata più lentamente, consentendo un rilascio graduale di butirrato lungo il tratto intestinale, con una maggiore biodisponibilità a livello colico rispetto ai sali semplici. Studi preclinici e modelli ex vivo suggeriscono che la tributirina può aumentare in modo più consistente i livelli di butirrato nel colon e nel plasma rispetto ai sali, e può essere sinergica con probiotici specifici (17,18).

La supplementazione orale di butirrato, anche in forme protette, è limitata dalla rapida assorbimento e metabolizzazione nel tratto prossimale, con scarsa biodisponibilità a livello del colon distale, e risultati clinici meno consistenti (19,20). Alimenti come burro e ghee contengono solo piccole quantità di butirrato, insufficienti a influenzare significativamente i livelli colici (21). Mentre, Il butirrato di sodio somministrato direttamente sembra dimostra benefici immunologici e neurologici nettamente superiori rispetto al butirrato derivato da una dieta ricca di fibre, probabilmente a causa di dosi più elevate, secondo la revisione (1), ma sono necessarie ulteriori ricerche per "analizzare i potenziali benefici del butirrato oltre la salute intestinale," in particolare il suo impatto sulle malattie cardiovascolari, il diabete e i disturbi neurodegenerativi.

Conclusione

I pazienti che traggono i maggiori benefici dalla supplementazione di butirrato sono quelli affetti da malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD), come la colite ulcerosa e il morbo di Crohn, soprattutto nei casi associati a disbiosi intestinale e ad una ridotta produzione endogena di questo acido grasso. In questi soggetti, il butirrato può contribuire a ridurre l’infiammazione, favorire la guarigione della mucosa e rafforzare la barriera epiteliale, con effetti positivi documentati sia in studi preclinici, sia in studi clinici, in particolare come terapia aggiuntiva per il mantenimento della remissione.

Altre categorie che possono trarne beneficio includono:

  • pazienti con disbiosi intestinale dovuta a terapie antibiotiche prolungate

  • soggetti sottoposti a trapianto di midollo osseo, per la prevenzione della graft-versus-host disease intestinale

  • persone con sindrome metabolica, obesità o steatosi epatica non alcolica, condizioni in cui il butirrato ha mostrato effetti antinfiammatori e di regolazione metabolica

  • pazienti con disturbi neurologici, come malattie neurodegenerative o autismo, attraverso la modulazione dell’asse intestino-cervello (sebbene le evidenze cliniche siano ancora preliminari)

Gli effetti collaterali più comunemente osservati sono lievi e transitori, e possono includere:

  • distensione addominale

  • flatulenza

  • crampi

  • diarrea (più raramente)

Questi sintomi si manifestano soprattutto nelle prime fasi della supplementazione, in particolare in soggetti con IBD o disbiosi grave, dove la mucosa intestinale può essere più sensibile agli acidi grassi a catena corta. In alcuni casi, dosi elevate di butirrato possono peggiorare la sintomatologia addominale, specialmente in presenza di malattia in fase attiva o di una ridotta capacità di ossidazione del butirrato da parte dei colonociti. Tuttavia, gli eventi avversi gravi sono rari.

L’approccio dietetico, attraverso l’assunzione di fibre prebiotiche, amidi resistenti e sinbiotici, rappresenta una strategia efficace per stimolare la produzione endogena di butirrato e migliorare la diversità e la stabilità del microbiota intestinale, con effetti sistemici più duraturi. La risposta individuale dipende dalla composizione del microbiota di base: in casi selezionati (come disbiosi grave o carenza di batteri butirogeni), la supplementazione mirata può rappresentare una valida strategia aggiuntiva.

In conclusione, il butirrato è un metabolita cruciale con un impatto profondo e sistemico sulla salute umana, ben oltre il suo ruolo consolidato a livello intestinale. Le sue proprietà antinfiammatorie, immunomodulanti ed epigenetiche lo rendono un promettente agente terapeutico per un’ampia gamma di condizioni intestinali, metaboliche e neurologiche.